Lingua picena meridionale

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Piceno meridionale o Piceno
Parlato inversante adriatico centro-settentrionale
Periododal I millennio a.C.
Locutori
Classificaestinta
Altre informazioni
Scritturaalfabeto greco adattato[1]
Tassonomia
FilogenesiLingue indoeuropee
 Lingue italiche
  Lingue osco-umbre
   Dialetti sabellici
    Piceno
Codici di classificazione
ISO 639-3spx (EN)
Glottologsout2618 (EN)
Luoghi di ritrovamento delle iscrizioni picene

La lingua picena meridionale[2], o semplicemente lingua picena[3], era parlata nel I millennio a.C. nell'area abitata dall'antico popolo italico dei Piceni, corrispondente agli odierni territori delle Marche e dell'Abruzzo settentrionale. È una lingua italica osco-umbra, appartenente al gruppo dei dialetti sabellici[4].

È attestata da iscrizioni ritrovate nell'area che comprende a nord la provincia di Pesaro[5], a sud da quella dell'Aquila, ad ovest quella di Rieti e ad est la costa adriatica[6].

La lingua picena meridionale è detta anche sudpiceno[7], protosabellico[8] o medio-adriatico[9][10].

Le espressioni "piceno meridionale" e "sudpiceno" erano nate per distinguere questa lingua da quella "picena settentrionale" o di Novilara, di natura oscura e di cui è dubbio l'effettivo uso nel territorio piceno settentrionale. Il ritrovamento di un'iscrizione in sudpiceno nel Pesarese, nel 2016, ha reso obsolete queste definizioni[11]. Non esiste alcuna correlazione tra le due lingue.

La datazione delle ventisette iscrizioni picene ne ha individuato la diffusione in un periodo compreso fra la fine del VII secolo a.C. e l'inizio del III secolo a.C. L'alfabeto piceno, decifrato solo negli anni ottanta del Novecento, comprende in particolare l'uso di sette vocali (trascritte a, e, í, i, o, ú, u)[12]. Nel corso del periodo che va dal III al I secolo a.C. la lingua picena cessò gradualmente di essere usata, come testimonia il fatto che alle iscrizioni che usano l'alfabeto piceno succedono documenti scritti in alfabeto latino, sia pure in un dialetto detto sabellico[13][14].

Caratteristiche e interpretazione della scrittura

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Stele integra di Penna Sant'Andrea (TE5)
Stele di Servigliano (AP5)
Stele di Mogliano (MC2)
Iscrizione (sul pilastrino di sinistra) della statua del Guerriero di Capestrano (AQ2)
Stele frammentaria di Penna Sant'Andrea - parte superiore (TE6)
Stele frammentaria di Penna Sant'Andrea - parte inferiore (TE7)
Stele di Servigliano - paese vecchio (AP6)
Stele di Falerone (AP4)

Lettere e simboli

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L'alfabeto della lingua picena è composto da ventiquattro lettere; l'uso di sette vocali rivela una accuratezza nella trascrizione del sistema vocalico maggiore di quella delle altre lingue italiche[15]. Le venticinque lettere comprendono:

  • sette vocali:
    • = A
    • = E ("E" aperta)
    • = Ì ("E" chiusa)
    • = I
    • = O ("O" aperta)
    • = Ù ("O" chiusa)
    • = U
  • sedici consonanti (si veda la sezione Alfabeto);
  • un segno ancora indecifrato[16]: .

Il segno di separazione tra due parole è costituito da tre punti sovrapposti[17][13]:

Dall'impossibilità di leggere le iscrizioni alla loro traduzione

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La relativa scarsità delle testimonianze e la difficoltà della loro interpretazione aveva a lungo oscurato non soltanto l'appartenenza del piceno meridionale al ceppo osco-umbro, ma perfino la sua indoeuropeità, tanto che il noto glottologo Francesco Ribezzo (1875 – 1952) considerava tale lingua piuttosto vicina all'etrusco.

Negli anni ottanta del Novecento si sono compiuti cinque passi fondamentali che hanno condotto alla possibilità di leggere le iscrizioni[18][19][20]:

  • i due punti sovrapposti , precedentemente considerati come segno di punteggiatura apparentemente ridondante, sono ora considerati il grafema che rappresenta il suono /f/;
  • il punto al centro , anch'esso già considerato come segno di punteggiatura ridondante, è ora considerato il grafema che rappresenta il suono /o/;
  • il segno precedentemente interpretato come grafia alternativa di "S" è ora considerato il grafema che rappresenta il suono /v/;
  • il segno precedentemente incompreso, è ora considerato come corrispondente alla lettera "Q" (suono /k/ davanti a /w/)
  • il segno precedentemente incompreso, è ora considerato il grafema che rappresenta il suono /g/ (suono duro).

Si è così appurato che una caratteristica dell'alfabeto piceno è quella di usare dei punti al posto dei segni che in altri alfabeti sono tratti o circoli[21]:

  • la “O” diviene un punto al centro ;
  • la "F", che in alfabeti coevi ha spesso forma a "8", è resa con due punti sovrapposti ;
  • la variante della "T" è realizzata con un punto al posto del tratto orizzontale ;
  • la variante della "Q" presenta un punto al centro al posto della linea verticale ;
  • la variante della "A" presenta un punto al posto del tratto orizzontale .

Il dibattito sul valore fonetico del segno e del segno è comunque ancora aperto e non mancano opinioni discordanti[22].

Le nuove interpretazioni delle lettere elencate sopra hanno portato a un deciso miglioramento della comprensione della lingua picena e, nel 1985, a una prima traduzione dei vari testi[18]. Insieme a ciò, l'emergere di ulteriori testimonianze e il fiorire di nuovi studi permettono oggi di inserire la lingua in questione in sicuro ambito italico e quindi indoeuropeo, all'interno di un contesto locale comunque complesso e caratterizzato da un continuum linguistico.

La scrittura, in quasi tutte le iscrizioni ha un andamento bustrofedico, ossia non ha una direzione fissa, ma procede in un senso fino al margine scrittorio e prosegue a ritroso nel senso opposto, secondo un procedimento "a nastro", senza andare a capo; l'andamento ricorda quindi quello dei solchi tracciati dall'aratro in un campo. Nella riga di ritorno si nota il rovesciamento delle lettere.

Fanno eccezioni due iscrizioni che comunque si differenziano anche per altre caratteristiche: si tratta dell'iscrizione del guerriero di Capestrano, l'unica posta su una scultura, il cui testo è su una riga unica, e quella del cippo di Cures, l'unica paleo-sabellica sinora nota sul versante tirrenico, in cui si adotta l'uso di andare a capo. L'iscrizione dell'elmo di Campovalano non si può considerare bustrofedica a causa della sua brevità. La scrittura bustrofedica è tipica anche di altre lingue antiche.

Relazione con la lingua di Novilara

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Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua di Novilara.

Nella necropoli di Novilara, che sotto tutti gli altri aspetti ha restituito reperti tipicamente piceni, è attestata la cosiddetta lingua picena settentrionale o di Novilara, caratterizzata da un alfabeto diverso da quello sudpiceno e in genere dagli altri alfabeti italici.

Questa lingua ha un corpus di quattro iscrizioni, di cui solo due (o forse una sola) di accertata origine archeologica; pur essendo leggibile, è ritenuta di natura oscura e dunque intraducibile; ciò che è sicuro è che essa non è correlata in alcun modo con la lingua picena meridionale[23].

Nel 2021 è stato edito uno studio che, se confermato, chiarirebbe tanti dubbi: in esso si afferma che sarebbe stato un antiquario fanese ottocentesco ad aver realizzato le iscrizioni di Novilara dubbie, come sembra appurato dal ritrovamento a Poggio Cinolfo, nel terreno di una casa di sua proprietà, di due false stele. Le stele di Poggio Cinolfo sono state ritrovate nel 1989, considerate dapprima come testimonianze autentiche di scrittura in lingua osca[24] e poi, riesaminate nuovamente negli anni Duemila, ritenute delle contraffazioni[25].

Classificazione

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Il Piceno appare come un dialetto particolarmente prossimo all'Umbro. Il nesso dialettale sarebbe però da rapportare a una fase arcaica dell'umbro, detta "umbro antico" o, perfino, "osco-umbro" non differenziato.

Le iscrizioni picene risultano in effetti estese su un'area maggiore rispetto a quella che appare storicamente occupata dai Piceni (attuali Marche e provincia abruzzese di Teramo), "sconfinando" verso sud in territorio vestino, peligno e marrucino, e sono ritenute spesso cronologicamente anteriori (ante V secolo a.C.) a quelle in tali altre varietà. Il quadro linguistico del medio versante adriatico risulta pertanto confuso, e ancora oggetto di ricerca[10].

Corpus delle testimonianze

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Il corpus delle iscrizioni del Sudpiceno è finora costituito da ventotto iscrizioni su pietra o bronzo che vanno dal VI secolo a.C. fino al IV secolo a.C. La datazione è stata stimata in base alle caratteristiche delle lettere e, quando è stato possibile, al contesto archeologico[26][27].

La maggior parte delle iscrizioni sono incise su stele o su cippi di arenaria o calcare. Altre, invece, si trovano su statue o oggetti bronzei. Spesso sono relative a contesti funerari. In alcuni casi le iscrizioni sono frammentarie[26].

A volte i testi ricorrono alla deissi: il pronome "io" si riferisce talvolta al monumento (secondo lo schema dell'oggetto parlante[28]), altre volte invece si riferisce all'autore del testo. Il pronome "tu", similmente, a volte si riferisce al lettore e altre volte al destinatario dell'iscrizione[13]. In alcuni testi si nota anche una ricerca di ritmicità, ottenuta attraverso l'allitterazione di suoni o attraverso la ripetizione degli stessi suoni all'inizio di due o più parole. In questi casi è lecito pensare che la sintassi e la struttura del testo siano influenzate da questo intento, con ripercussioni sulla distribuzione naturale delle parole nel discorso[13].

L'elenco completo è il seguente, in cui ogni iscrizione è preceduta dalla sigla con la quale è nota in letteratura, formata dalla provincia di ritrovamento[29] associata ad un numero progressivo[26][30]. Come si può notare, le collezioni più ricche di iscrizioni sudpicene sono conservate nel Museo archeologico nazionale delle Marche e nel Museo archeologico nazionale d'Abruzzo.

sigla oggetto luogo di ritrovamento materiale datazione luogo di conservazione e note parole
leggibili
AP1 stele Acquaviva - - [31] 7
AP2 cippo (lato A) Castignano arenaria VI secolo a.C. Museo archeologico statale di Ascoli Piceno[32] 14 sui
due lati
AP2 cippo (lato B) Castignano arenaria VI secolo a.C. Museo archeologico statale di Ascoli Piceno 14 sui
due lati
AP3 stele Belmonte arenaria VI sec. a.C Museo civico archeologico di Bologna[33][34] 15
AP4 stele Falerone arenaria VI-V sec. a.C. Museo archeologico nazionale delle Marche 2
AP5 stele Servigliano arenaria - Museo archeologico nazionale delle Marche 3
AP6 frammento Belmonte arenaria - Museo archeologico nazionale delle Marche 2
AP? stele Servigliano
paese vecchio
arenaria - Museo archeologico nazionale delle Marche 0
AQ1 cippo Castel di Ieri calcare - Museo archeologico nazionale d'Abruzzo[35] 10
AQ2 statua del
guerriero di Capestrano
Capestrano calcare tra VII e
VI secolo a.C.
Museo archeologico nazionale d'Abruzzo[36] 8
AQ3 cippo frammentario Castel di Ieri calcare - Museo archeologico nazionale di Napoli 6
BA1 elmo Canosa bronzo IV-III secolo a.C. Museo archeologico nazionale di Firenze[37][13] ?
BO1 elmo Bologna bronzo IV-III secolo a.C. Museo civico archeologico di Bologna[37][13][38] ?
CH1 stele Crecchio arenaria V secolo a.C. Museo archeologico nazionale di Napoli[39] 25
CH2 bracciale valle del fiume Pescara? bronzo V secolo a.C. Museo archeologico nazionale d'Abruzzo 11
MC1 stele Loro Piceno arenaria VI secolo a.C. Museo archeologico nazionale delle Marche[40] 8
MC2 stele Mogliano arenaria VI secolo a.C. Museo archeologico nazionale delle Marche[41] 4
MC? frammento Fiordimonte calcare IV secolo a.C. Museo «Raffaele Campelli» di Pievebovigliana[42][43] ?
PU1 stele Mondolfo arenaria e calcare[44] V secolo a.C. Museo Civico di Mondolfo[5] 3
PU2 stele Mondolfo arenaria e calcare[44] V secolo a.C. ?[45] ?
RI1 cippo Cures
(Fara Sabina)
calcare metà del
V secolo a.C.
Museo dell'Abbazia di Farfa[46] 10
TE1 cippo Sant'Omero arenaria VI - metà
V sec. a.C.
Museo archeologico civico di Teramo[47] 9
TE2 stele con bassorilievo
di figura umana
Bellante arenaria - Museo archeologico nazionale di Napoli[48] 9
TE3 stele Bellante arenaria fine VI sec. a.C. Museo archeologico nazionale di Napoli 1
TE4 coperchio di pisside Campovalano terracotta tra VII e
VI secolo a.C.
Museo archeologico nazionale di Campli[49] 2
TE5 stele con bassorilievo di
testa umana
Penna Sant'Andrea calcare prima metà del
V secolo a.C.
Museo archeologico nazionale d'Abruzzo[50] 20
TE6 frammento superiore di
stele con bassorilievo di
testa umana
Penna Sant'Andrea calcare prima metà del
V secolo a.C.
Museo archeologico nazionale d'Abruzzo[50] 3
TE7 frammento inferiore di TE6 Penna Sant'Andrea calcare prima metà del
V secolo a.C.
Museo archeologico nazionale d'Abruzzo[50] 12

Esame di alcune stele ed esempi di traduzione

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Stele di Mondolfo

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A Mondolfo, diversi decenni or sono, una stele picena era stata rinvenuta casualmente durante lo scasso di una vigna e poi, non riconosciuta come tale, utilizzata come sedile[5].

Dal 1982 al 2014 il presidente dell'Archeoclub di Mondolfo, Roberto Bernacchia, ne aveva ripetutamente e inutilmente segnalato la presenza agli enti proposti, fino a che, in seguito a sopralluoghi, nel 2016 finalmente il reperto è stato preso in custodia dal Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Ancona e infine esposto nel museo civico di Mondolfo.[5]

La stele riveste una notevole importanza, perché sfata il pregiudizio che sostiene l'impossibilità di trovare stele picene a nord dell'Esino e getta nuova luce sulla lingua parlata dai Piceni delle attuali Marche settentrionali[5].

La trascrizione è resa difficoltosa a causa dell'usura della pietra, utilizzata per decenni come sedile; esistono perciò tre ipotesi parzialmente alternative. Se ne riporta una nella tabella sottostante, a titolo di esempio[51].

testo→
trascrizione→
...
P T Ù (I) R O N I S
...... ...
[N] O U I ... ...
...
A Ù L N Ì (... ...)

Si pensa che i tre termini siano quelli tipici della formula onomastica, ma non è da escludere la possibilità che i primi due termini si riferiscano a colui che ha dedicato la stele e l'ultimo termine si riferisca invece al destinatario, come nell'iscrizione del guerriero di Capestrano[51].

Dallo stesso terreno in cui si è ritrovata la stele appena descritta, proviene una seconda stele iscritta, ma a causa dell'usura è possibile identificare solo alcune lettere[51].

Stele di Loro Piceno

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Stele di Loro Piceno (MC1)

Nella tabella sottostante, a titolo di esempio, si riportano il testo e le varie ipotesi di traduzione della stele di Loro Piceno (MC1), ritrovata nel 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre erano in corso i lavori di demolizione di un piccolo edificio lungo la circonvallazione[52].

Per quanto riguarda il significato, ci sono due termini oggetto di fitto dibattito: apaes e púpúnis, ricorrenti anche in altre epigrafi (con varie desinenze). Secondo alcuni studiosi i termini sembrano individuare ruoli pubblici, ma non è facile da individuare e comprendere quali di preciso, riferendosi ad una realtà che non conosciamo da questo punto di vista[21]; c'è anche chi sostiene l'ipotesi che púpúnis sia un termine etnico che indica il nome del popolo piceno[8]. Secondo altri, invece, Apaes è un nome proprio di persona[53][22] e puupuunis si riferisce al tumulo[53]; secondo altri ancora, Apaes è un nome proprio di persona e puupuunis è un aggettivo traducibile come "eccellente", "illustre"[22].

Il testo inizia sul lato destro della stele, in basso, e procede verso l'alto.

testo→
trascriz.→

APAES

QUPAT
...
[E]SMÌN

PÙPÙNIS

NÌR

MEFIÌN

SEIAT

VEPETÌ

Pompilio
Bonvicini
(2001)[53]
Appaio giace qui nel tumulo un guerriero
valoroso
di mezzo nella via seppellì Qui giace Appaio.
Un guerriero valoroso
lo seppellì nella
via di mezzo.
Piceni
popolo
d'Europa
(1999)
[21]
Il capo giace qui dei pupunis principe
valoroso
in mezzo sta nel sepolcro Il capo dei Pupunis
giace qui.
Il principe valoroso
sta in mezzo,
nel sepolcro.
Museo
Nazionale
delle Marche
(1988)
[54]
L'apaio giace qui Il poponio principe in mezzo sta nel sepolcro L'apaio giace qui.
Il principe poponio
sta in mezzo
nel sepolcro.
(LA)
Adolfo
Zavaroni
(1988)
[22]
Apaes
Apaes
cubat
riposa
heic
qui
excellens
un eccellente
vir
uomo
in eminentia
di rilievo
iacet
giace
in sepultura
nel sepolcro
Apaes riposa qui.
Un uomo eccellente
e di rilievo giace
nel sepolcro.
Stele di Bellante (TE2)

Stele di Bellante

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L'iscrizione di Bellante (TE2) fu rinvenuta nel 1867 (o 1869) nell'alveo di un torrente, in una località all'epoca denominata "Castel S. Andrea".

L'iscrizione contorna una figura umana centrale, con le braccia poste in modo analogo a quelle del Guerriero di Capestrano. Nel 2019 ne è stata realizzata una copia conforme da porre nel paese di ritrovamento[48].

Il testo della stele è riportato nella tabella seguente, con traslitterazione e una proposta di traduzione.

testo →
trascrizione →

POSTIN

VIAM

VIDETAS

TETIS

TOKAM

ALIES

ESMEN

VEPSES

VEPETEN

Gabriele Costa
(2000)[55]
Per via vedete di Titos l'immagine Alios in questo sepolto sepolcro

Il testo inizia a fianco della gamba dell'immagine scolpita, in basso a sinistra, e procede verso l'alto.

Ordinando le parole, la traduzione proposta è dunque:

"Per via, vedete l'immagine (maschera, simulacro) di Titos Alios, sepolto in questo sepolcro"

L'"immagine" a cui si farebbe riferimento nell'iscrizione è la figura a rilievo del defunto scolpita sulla stele; si veda la foto qui pubblicata.

Secondo il filologo classico Calvert Watkins, il testo della stele di Bellante sarebbe uno dei primi esempi di poesia italica; l'affermazione è basata sul fatto che nel testo esistono tre allitterazioni: viam - videtas, tetis - tokam, vepses - vepeten.[56]

Si presenta nella tabella seguente l'alfabeto piceno. Dato che alcune lettere sono interpretate diversamente dai vari autori citati in bibliografia, si segue l'interpretazione più comune[57][58].

suono indicato con la trascrizione fonetica
dell'alfabeto fonetico internazionale
elenco delle lettere dell'alfabeto sud-piceno
(ed eventuale grafia alternativa)
lettera utilizzata nelle trascrizioni
(e indicazioni di pronuncia)
[a] oppure A
[b] B
[k] K
(C dura)
[d] D
[e] E
(E aperta)
[ɸ] - [f] F
[g] G
(G dura)
[h] H
(H aspirata - non esiste in italiano)
[i] - [j] I
[ɛ] oppure Í
(E chiusa)
[l] L
[m] M
[n] N
[ɔ] O
(O aperta)
[p] P
[k] davanti a [w] oppure Q
[r] R
[s] S
[t] oppure T
[u] - [w] U
[o] Ú
(O chiusa)
[v] V
[ts] o [dz] oppure Z
suono non ancora decifrato, forse [ś] ?
(non è un suono, ma il segno grafico
per staccare una parola dall'altra)
(spazio tra due parole)
Cippo di Falerone (AP4)
Un'antica riproduzione della stele di Crecchio (CH1)
  1. ^ Valentina Belfiore, Quaderni del polo museale d'Abruzzo, Museo di Villa Frigeri Archiviato il 4 febbraio 2022 in Internet Archive.
  2. ^ Riconoscendo l'arbitrarietà delle definizioni, nella nomenclatura delle voci viene usato il termine "lingua" in accordo alle norme ISO 639-1, 639-2 o 639-3. Negli altri casi, viene usato il termine "dialetto".
  3. ^ Da quando, nel 2016, è stata ritrovata un stele picena a Mondolfo (provincia di Pesaro e Urbino), l'aggettivo "sudpiceno" sembra sempre più inappropriato: dato che l'area di diffusione della lingua corrisponde oramai in pieno a quella in cui sono state ritrovate testimonianze della civiltà picena, sembra ormai più corretto definire la lingua semplicemente "picena"; si veda:
    • Zamponi, R. & N. Zair 2023 L’iscrizione (sud)picena della stele di Mondolfo: proposta di una nuova lettura, in: Rivista di epigrafia italica, 86 (p. 36-41).
    Anche precedentemente, comunque, diversi autori preferiscono l'espressione "lingua picena":
    • Francisco Villar, Gli indoeuropei e le origini dell'Europa: lingua e storia, il Mulino, Bologna, 2008, (p. 474) ISBN 978-88-15-12706-8.
    • Mario Lopes Pegna, Popoli e lingue dell'Italia antica, Libreria editrice L. Del Re, 1967 ( p. 170)
  4. ^
    • Paola Cotticelli, Introduzione allo studio del linguaggio, Università degli studi di Verona, 2011-2012; Studi e testi - edizione 16, Deputazione di storia patria per le Marche, Guiffrè, 1996 (p.34)
    • Nell'Enciclopedia Treccani la lingua picena è classificata come "umbro-sabellica", del gruppo "osco-umbro". Si vedano le voci: Sabelli e Piceni, di Giulia Rocco. Dalle stesse voci il termine "Sabelli" è riferito ai popoli italici legati a Sabini e Sanniti.
  5. ^ a b c d e
  6. ^ Più dettagliatamente i limiti sono Mondolfo (PU), Sulmona (AQ), Fara Sabina (RI). Si veda: Valentina Belfiore, Quaderni del polo museale d'Abruzzo, Museo di Villa Frigeri Archiviato il 4 febbraio 2022 in Internet Archive..
  7. ^
    • Anna Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, Firenze 1985 e in altre opere della stessa autrice;
    • (DE) H. Rix Sabellische Texte: die Texte des Oskischen, Umbrischen und Südpikenischen, Heidelberg 2002.
  8. ^ a b Adriano La Regina, Il guerriero di Capestrano e le iscrizioni paleo sabelliche, in Pinna Vestinorum e il popolo dei Vestini, ed. L. Franchi dell'Orto, Roma 2010
  9. ^ A. Morandi, Le iscrizioni medio-adriatiche, Firenze 1974.
  10. ^ a b Francisco Villar, Gli Indoeuropei e le origini dell'Europa, pp. 484-485.
  11. ^ Andrea Gaucci, Valentina Belfiore, Mondolfo (Pesaro-Urbino). Stele iscritta, in Studi Etruschi - vol. LXXXII - 2019
  12. ^ Piceni popolo d'Europa, p. 136.
  13. ^ a b c d e f (EN) Mnamon, ancient writing systems in the Mediterranean, pagina South Picene epigraphic corpus
  14. ^ Sito www.cronachefermane.it, articolo Pubblicato il primo profilo grammaticale del sudpiceno la lingua parlata oltre 2000 anni fa.
  15. ^ Anna Marinetti, Le iscrizioni sudpicene. I: Testi, collana Lingue e iscrizioni dell'Italia antica, vol. 5, Casa Editrice Leo S. Olschki, 1985, ISBN 9788822233318
  16. ^ Questo segno compare solo due volte, nella stele integra di Penna Sant'Andrea I (TE1). Secondo Anna Marinetti si tratta di un suono aspirato o, in alternativa, un suono sibilante e lo traslittera come <ś>. Adriano La Regina (Il guerriero di Capestrano e le iscrizioni paleo sabelliche, in Pinna Vestinorum e il popolo dei Vestini, a cura di L. Franchi, edizioni dell'Orto, Roma, 2010), considerando le posizioni in cui compare il grafema, ha proposto un valore aspirato e lo ha traslitterato come <h>.
  17. ^ Fanno eccezione; l'iscrizione sul Guerriero di Capistrano, l'iscrizione sulla pisside di Campovalano, in cui si usa la scriptio continua, e la stele di Falerone, in cui come separatori tra parole sono usati i tratti verticali.
  18. ^ a b La prima traduzione delle iscrizioni piceni è presente nel testo di Anna Marinetti, Le iscrizioni sudpicene. I: Testi, collana Lingue e iscrizioni dell'Italia antica, vol. 5, Casa Editrice Leo S. Olschki, 1985, ISBN 9788822233318.
  19. ^ Alberto Calvelli, I Piceni, su Lingua e Scrittura, antiqui.it, Antiqui.
  20. ^ Nell'elenco seguente, con il termine "suono" si intende "fonema".
  21. ^ a b c A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in Piceni popolo d'Europa, Roma, De Luca, 1999, ISBN 88-8016-332-9
  22. ^ a b c d Adolfo Zavaroni, Le iscrizioni sudpicene contenenti /Ł-/ iniziale, in La Parola del Passato, Casa editrice Leo S. Olschki, 2003) pp. 420-433
  23. ^ * Pierpaolo Di Carlo, L'enigma nord-piceno - saggio sulle stele di Novilara e sul loro contesto culturale, in Quaderni del dipartimento di linguistica, studi 7, Università degli Studi di Firenze, Unipress, 2006 ISBN 978-8880982340;
  24. ^ Il Foglio di Lumen, luglio 2005, articolo Le epigrafi in lingua osca con bassorilievi di trofeo provenientida Poggio Cinolfo (AQ).
  25. ^ (EN) Valentina Belfiore; Stefano Lugli; Alessandro Naso, Novilara Stelae a stylistic, epigraphical, and technological study in a middle Adriatic epigraphical and sculptural context, in Bonn Verlag Dr. Rudolf Habelt GmbH, 2021. ISBN 9783774943100; 3774943109
  26. ^ a b c
    • Alberto Calvelli, I Piceni, su Lingua e Scrittura, antiqui.it, Antiqui.;
    • Pompilio Bonvicini, Iscrizioni picene, Andrea Livi Editore, 2001; Giovanni Colonna, Piceni popolo d'Europa, De Luca, 1999 (capitolo sulla lingua);
    • Quaderni del polo museale d'Abruzzo, Museo di Villa Frigeri Archiviato il 4 febbraio 2022 in Internet Archive..
  27. ^ Secondo una recente pubblicazione, il numero delle iscrizioni sarebbe più alto, dopo i ritrovamenti di Norcia, Todi, Sulmona e Amiternum. Si veda: Lucia Arbace, Valentina Belfiore (a cura di), Il Museo archeologico nazionale d'Abruzzo Villa Frigerj a Chieti, serie Quaderni del Polo museale dell'Abruzzo, vol. 2 (p. 34 e fig. 29). ISBN 9788897131199
  28. ^ Come nell'iscrizione della statua di Capestrano e nella pisside di Campovalano.
  29. ^ Sigle provinciali:
    • AP = Ascoli Piceno
    • AQ = L'Aquila
    • BA = Bari
    • BO = Bologna
    • CH =Chieti
    • MC = Macerata
    • PU =Pesaro e Urbino
    • RI = Rieti
    • TE =Teramo
  30. ^ Il numero delle parole leggibili, perché intere o perché agevolmente ricostruibili, è tratto da: Raoul Zamponi, South Picene, Routledge, 2021 (tavola 1.1 - South Picene inscriptions). Le date mancanti nei testi già citati, sono tratte da: Anna Dionisio, Alfabeti e lingue dell'Italia medioadriatica, Acaemia.edu
  31. ^ Una delle prime iscrizioni rinvenute; fu trovata nel 1847 demolendo un muro di pietra. Il proprietario la pose a sostegno dell'argine di un torrente ed andò perduta alla fine dell'800. Fortunatamente il testo si è conservato grazie ad un calco eseguito con la carta.
  32. ^ Una copia moderna è stata posta nel paese di ritrovamento. Rinvenuta in località Montecalvo nel 1890, Si veda La stele di Castignano.
  33. ^ Sito del Comune di Belmonte, La stele di Belmonte.
  34. ^ La stele fu ritrovata a Colle Ete, nei dintorni di Belmonte, nei terreni di proprietà del colono Lorenzo Vallesi, ed già in suo possesso nel 1886. Nel 1901 il monumento fu acquistato dal Ministero dell’Istruzione Pubblica – Direzione Antichità e Belle Arti. Pesa circa tre quintali e misura 2.12 x 0.75. Nel museo civico di Belmonte Piceno è esposto il calco storico della stele. Si tratta di quello realizzato per il Museo Archeologico Nazionale delle Marche e là esposto sino ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale che colpirono il museo; l'allestimento era quello progettato dal primo soprintendente per le Marche e gli Abruzzi, Innocenzo Dall'Osso, instancabile archeologo e responsabile di un corposo arricchimento delle collezioni del museo archeologico di Ancona. Per i reperti importanti della civiltà picena esposti in altri musei, aveva fatto realizzare dei calchi. Si veda:
  35. ^ In diverse fonti il luogo di ritrovamento è indicato con la grafia "Casteldieri"
  36. ^ La statua è stata ritrovata nel 1934, e su essa è presente una delle più antiche iscrizioni picene, insieme a quella delle pisside di Campovalano. L'iscrizione del Guerriero di Capestrano non presenta segni di interpunzione.
  37. ^ a b I due elmi con iscrizioni rinvenuti a Bologna e a Canosa di Puglia sono utili per lo studio della lingua, ma non per determinare l'area geografica in cui questa lingua si era diffusa, essendo oggetti mobili di cui è assai arduo identificare l'origine.
  38. ^ Anna Marinetti, L'iscrizione sudpicena sull'elmo da Bologna: una nuova proposta, in Rivista di epigrafia italica Archiviato il 18 febbraio 2022 in Internet Archive. (pp. 384-391).
  39. ^ Ritrovata nel 1855.
  40. ^ Ritrovata nel 1943
  41. ^ Trovata sul Colle di Santa Caterina, nel 1955, dai fratelli Ermanno ed Enzo Astolfi.
  42. ^ *Touring Club, Museo «Raffaele Campelli»;
    • Gabriella Giacomelli, Una nuova iscrizione picena Archiviato il 17 febbraio 2022 in Internet Archive., in Studi etruschi. Nell'articolo della Giacomelli si cita anche un'iscrizione picena non citata da altri: Si tratta di una pietra lunga forse 90 cm. e alta 40, posta a guisa di architrave sulla porta laterale di una chiesetta rustica. La località, a circa 14 km a ovest di Ascoli Piceno e a un’altezza di forse 800 metri, è designata col vocabolo Scalelle, dovuto, sembra, al caratteristico terrazzamento naturale dei pendii che la circondano. È una zona brulla e assolata, completamente deserta, dominata dalla grandiosa visione del Monte Vettore
  43. ^ Alcuni pensano che si tratti di un'iscrizione in alfabeto piceno, ma in lingua gallica (dei Senoni che si stanziarono nelle Marche nel IV sec. a.C.). Si veda:
    • Raoul Zamponi, South Picene, Routledge, 2021 (p. 104);
    • Enrico Benelli, L’iscrizione di Fiordimonte: un documento epigrafico senone?, in E. Percossi Serenelli (a cura di), Pievebovigliana fra Preistoria e Medioevo, Loreto 2002, Comune di Pievebovigliana, pp. 69-73;
    • Museo Campelli - seziona archeologica (con foto della stele di Fiordimonte).
  44. ^ a b Come è tipico della formazione geologica "a colombacci", che deve il suo nome alla presenza di sottili strati calcarei di colore bianco ("colombacci") intercalati all'arenaria.
  45. ^ Valentina Belfiore e Andrea Gaucci, Mondolfo - Pesaro e Urbino - stele iscritta (con tentativo di trascrizione e traduzione), in Rivista di epigrafia italica.
  46. ^ Il cippo di Cures è l'unica testimonianza scritta picena insieme al Guerriero di Capestrano a non presentare l'andamento bustrofedico dell'iscrizione, ma linee di testo separate da “a capo”. Museo di Fara in Sabina
  47. ^ Il cippo di Sant'Omero fu rinvenuto nel 1843 da Giovanni Spinozzi, a circa un chilometro ad est della masseria Branella, nei pressi di una tomba in un colle sovrastante la valle. È stato esposto al museo civico di Teramo almeno dal 1961, ma dai primi anni ottanta del Novecento è stato dato per disperso. Si veda: Raoul Zamponi, South Picene, Routledge, 2021 (tavola 1.1 - South Picene inscriptions). Nel 2021, dopo circa quarant'anni, è stato ritrovato tra altri reperti dimenticati di proprietà comunale. Si veda: Paola di Felice: il ritrovamento dei reperti... è una sconfitta (Comunicato stampa della direttrice del museo di Teramo).
  48. ^ a b * Paola Di Felice (a cura di), La Stele di Bellante, Ricerche&Redazioni, 2021. ISBN 978-88-85431-44-7
  49. ^ Una delle più antiche iscrizioni picene, insieme a quella del Guerriero di Capestrano; le due parole, unite in scriptio continua, sono interpretabili come iscrizione di possesso
  50. ^ a b c Le stele di Penna Sant'Andrea sono state ritrovate nel 1974 durante gli scavi della necropoli italica di Monte Giove,
  51. ^ a b c Luciano Agostiniani, Maria Pia Marchese, Anna Marinetti, Inediti.
  52. ^ * Giovanni Cicconi, Notizie storiche di Loro Piceno, A. Giuffrè, 1958;
  53. ^ a b c Pompilio Bonvicini, Iscrizioni picene, Andrea Livi Editore, 2001
  54. ^ Traduzione presente nella tabella esplicativa posta accanto alla stele
  55. ^ Gabriele Costa, Sulla preistoria della tradizione poetica italica, Firenze, Olschki, 2000 (p. 88)
  56. ^ (EN) Watkins, Calvert. How to kill a dragon: aspects of Indo-European poetics, New York - Oxford: Oxford University Press, 1996.
  57. ^ Una tavola riassuntiva delle varie trascrizioni è presente in mnamon.sns.it, pagina Elenco dei simboli
  58. ^ Le differenze nell'interpretazione principali sono:
    • segno interpretato da Anna Marinetti come [ś] e da Adriano La Regina come [h];
    • segno interpretato da Anna Marinetti come [h] e da Adriano La Regina come [ô].
      Si veda:
    • Anna Marinetti, Le iscrizioni sudpicene. I: Testi, collana Lingue e iscrizioni dell'Italia antica, Casa Editrice Leo S. Olschki, 1985;
    • Adriano La Regina, Il guerriero di Capestrano e le iscrizioni paleo sabelliche, in Pinna Vestinorum e il popolo dei Vestini, ed. L. Franchi dell'Orto, Roma 2010

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